Il successo dei processi data-driven nasce dalla loro consapevole progettazione
Nel suo intervento a un recente Consob day, il fisico e matematico Mario Rasetti ha spiegato come nel corso di un solo anno, il 2017, l’umanità abbia raddoppiato la quantità di dati prodotta dagli albori della sua civiltà: un cosiddetto tempo di raddoppio destinato a scendere in meno di un decennio da un anno a dodici ore! I dati saranno pure il nuovo petrolio, ma in questo caso la minaccia per il nostro modello di sviluppo sembrerebbe venire, più che dalla finitezza di una risorsa limitata e sempre più faticosamente estraibile, dalle sbalorditive e illimitate potenzialità di crescita e di disponibilità della materia prima dell’informazione.
Scherzando ma non troppo, dovremmo seriamente porci il problema di come riuscire a cavalcare quest’onda emergente e gigantesca di dati, per evitare di esserne travolti o di perdervi l’orientamento e il controllo del nostro agire.
Uno dei punti qualificanti la preparazione a farlo è la consapevolezza di dover progettare con coerenza i processi e gli strumenti usati per estrarre e raffinare i dati, a partire dallo scopo per cui sono acquisiti, fino alle conseguenti decisioni su quali dati acquisire, su come acquisirli e su come analizzarli (data-driving).